Ho sempre pensato che quando si vuole narrare una storia vera, bisogna conoscerla, e bisogna conoscerla bene: tradire una storia per creatività, diletto o necessità, è un atto di grande responsabilità e questa responsabilità si può assumere solo quando c’è coscienza dell’atto compiuto. Questa idea mi ha guidato nel lungo percorso di studio che ho intrapreso, e che ancora non ho concluso, per la scrittura di un testo teatrale, un monologo, sulla storia delle Aquile Randagie (che invece più o meno ho concluso). Le luci del palco, la luce del fuoco, che illumineranno il mio racconto si avvicinano, piano piano, e di cose belle e importanti da raccontare ne ho trovate pure troppe, ma lo studio continua e spero continuerà ancora a lungo, regalandomi anche la gioia di quelle piccole scoperte che già hanno condito il mio percorso, ricordandomi che non c’è nulla di nuovo sotto il sole, salvo quello che è stato dimenticato.

Giulio Cesare Uccellini detto Kelly

Perché?

Chi ha un minimo di conoscenza della storia delle Aquile Randagie sa che Kelly (al secolo Giulio Cesare Uccellini) ne è uno dei protagonisti; animatore instancabile, grande conoscitore delle opere di B.-P., capo di quel manipolo di scout milanesi resistenti al divieto fascista di praticare lo scautismo in Italia.
Ma una delle domande che sorgono più spontanee, ed apparentemente secondarie, è: perché Giulio Cesare Uccellini, totem Tigre, grande conoscitore ed amante dello scautismo, che per 17 anni ha praticato e mantenuto il metodo scout, in clandestinità, dimostrandosi innegabilmente, da questo punto di vista, un po’ “conservatore”, dicevo perché ha deciso di prendere un secondo nome di battaglia, Kelly appunto, al nascere delle Aquile Randagie?
Per quanto riguarda la storia della AR vale l’adagio di Dario Fo:

Le nostre fonti non sono sempre attendibili,
ma di certo sono quasi sempre affascinanti.

Totem

Molti passaggi del percorso del gruppo scout clandestino milanese è privo di fonti attendibili e a volte la storia suona così avventurosa, romantica e simbolica da mettere qualche dubbio sull’attendibilità storica.
Ma non è questo il punto: innegabilmente è certo che Tigre, Giulio Cesare Uccellini, diventando il capo delle Aquile Randagie diventa anche Kelly, ma da dove trae ispirazione?

Il mito delle AR ci dice che dal 1928-29 tutte le Aquile (forse è più corretto dire molte) oltre al nome totem ne scelgono uno di battaglia (ben prima che lo facessero gli altri partigiani). Alcuni nomi di battaglia suonano più come degli affettuosi soprannomi: Cicca (Vittorio Ghetti) o Tulin de l’Oli (Avonio Raimondo Maria Bertoletti); altri sono acronimi: Denvi (don Enrico Violi) o Coen (Confalonieri Enrico); uno suona come un pretenzioso, ma anche un po’ profetico, omaggio al fondatore dello scautismo: Baden (don Andrea Ghetti).

Ma Kelly? Da dove viene questo nome? Qual è l’ispirazione, la motivazione che può aver spinto Uccellini a sceglierlo?

Luther Sage Yellowstone Kelly

Teoria Yellowstone

Nel libro dedicato al capo delle Aquile Randagie, l’autore Vittorio Cagnoni, massimo esperto, ci dice che la motivazione di questo nuovo totem (Kelly) non ha finora trovato alcuna certezza. Dice che un’ipotesi plausibile potrebbe derivare dall’ispirazione a Luther Sage Yellowstone Kelly (27 luglio 1849 – 17 dicembre 1928) un esploratore americano amico degli indiani Sioux Hunkpapa e di Toro Seduto. Certo la morte di Yellowstone Kelly, alla fine del 1928, potrebbe essere stata notizia letta da Uccellini, proprio nei mesi che hanno segnato il passaggio alla clandestinità del suo gruppo di esploratori, ma una domanda sorge spontanea: una notizia bisogna leggerla da qualche parte, e dove? Da una ricerca negli archivi del Corriere della Sera, non pare esserci nessuna citazione dell’esploratore americano. Certo resta la possibilità che Uccellini avesse appreso la notizia dalla stampa straniera (forse stampa scout) ma mi è sempre sembrata una possibilità un po’ debole per spingere Tigre, con il suo carattere, a cambiarsi il nome: Virgilio Binelli, altro capo delle AR, ha pur sempre conservato il suo totem Aquila Rossa. Cagnoni, dalle fonti quasi sempre affascinanti, specifica che la base della supposizione, Yellowstone Kelly, sarebbe il grande amore e rispetto per il popolo pellerossa di Uccellini e valorizzerebbe la sua capacità di interessarsi su tutto quello che accadeva nel mondo, tenuto conto delle difficoltà storiche del momento nel reperire informazioni.
Affascinante ma, a mio modesto avviso, debole dal punto di vista sia storico, sia della forza motivazionale a spingere Uccellini a fare di Kelly il suo nuovo nome.

Giulio Cesare Uccellini e Luther Sage Yellowstone Kelly

Bingo?

Mentre rinchiuso per il Covid-19 pensavo a questo e scrivevo il mio testo, saltellando dal programma di scrittura ai miei appunti, i molti libri e materiali consultati e usati come fonti, mi arriva un messaggio dell’amico Emanuele Locatelli che mi annuncia un regalino (di quelli che lui elargisce a larghe mani): la collezione completa (in pdf) de “Lo Scout Italiano”: la rivista ASCI che dal ’20 al ’28 (anno dello scioglimento) ha accompagnato gli esploratori italiani e che, per scongiurare l’odio fascista per lo scautismo e la sua origine inglese, aveva addirittura cambiato nome in “La Scolta Italiana”.
Wow. Tutti i numeri in pdf, che meraviglia. Il regalino ha aperto un nuovo fronte di ricerca, dispiegando davanti ai miei occhi l’immaginario dello scautismo che ha formato Uccellini e quindi le Aquile Randagie. Disegni, articoli.
Ecco addirittura lo stesso Giulio Cesare Uccellini citato per aver ricevuto il giglio di riparto al S. Giorgio del 1920, e poi in quello del 1923 dove “una danza indiana con eleganti costumi e complicazioni di tiri di laccio” gli procura un “Bravo Uccellini!” o le abbondanti skyate al Lago d’Elio completamente gelato. Nel 1924, “sulle ben composte slitte, opere geniali di Pedrinola e di Uccellini e nello stesso numero, febbraio 1924, il vasto fuoco che brillava illuminando il volto di Kelly… No aspetta, ho letto bene? Kelly?
Si! Giovanni Kelly!
Bingo?

Romanzo a puntate

Trattenendo l’entusiasmo per lo strano e promettente ritrovamento, ho risalito la corrente verso la fonte: “Il lupo errante – romanzo d’avventure scout” di J. R. Defosse pubblicato a puntate tra il luglio del ’23 e il settembre del ’24 su “Lo Scout Italiano”.

Illustrazione da “Lo scout italiano” 1923 – 1924

Avevo semplicemente trovato una pagliuzza d’oro solitaria o si nascondeva un filone degno di una fonte di ispirazione per Uccellini?
Lascio giudicare a voi. Sebbene vi inviti ad andare voi stessi a leggere il romanzo, vi voglio raccontare di cosa parla.

il Lupo Errante

Lupo Errante, protagonista e narratore, è scout master del riparto Namur XI che, accampato con i suoi ragazzi nella vallata della Soille, una sera, per caso, mentre gironzola nel bosco vicino alle tende, scorge un ragazzo, un esploratore che pattuglia il bosco con una lanterna. Non è uno dei suoi. Lo segue, nascosto, e scopre un altro campo scout poco lontano. Decide di fare un attacco/scherzo con i suoi esploratori che sveglia e fa preparare velocemente ma, una volta giunto sul luogo dove aveva visto l’accampamento non c’è più nulla. Forse ha sognato? Una analisi più approfondita delle tracce gli fa scoprire che in realtà il campo c’era ma evidentemente, e misteriosamente, ha in un baleno levato le tende e nascosto le proprie tracce.
Al mattino seguente Lupo Errante fa spiantare il campo e, imballato il materiale, parte con i suoi all’inseguimento. Segue le tracce ma alla fine della giornata ancora non è riuscito a raggiungere il misterioso riparto fantasma. Accampati sotto la pioggia all’interno di alcuni ruderi, al risveglio, Lupo Errante e i suoi, trovano inciso sulla tavola che avevano appoggiato come porta all’ingresso del rudere per fermare il vento, un messaggio scritto con il linguaggio del bosco: Zampa Prigioniera, e la sua tribù, manda un messaggio di pace e chiede a Lupo Errante, e alla sua tribù, di interrompere l’inseguimento. (vedi immagine sotto)

Difficile non pensare subito ai messaggi lasciati nella colonna del  Broletto nuovo in piazza Mercanti dal nostro Kelly e dalle sue Aquile Randagie, loro per essere, invece, inseguiti dai ritardatari alle adunate domenicali.

“Zampa Prigioniero, capo della tribù dei gufi, manda un messaggio di pace a Lupo Errante, capo della tribù dei cinghiali. Il terzo sole di settembre ci siamo accampati nella notte ad un tiro di freccia da qui. Al levar del sole siamo ripartiti per la nostra dimora che è circondata dalla notte: essa è segreta (e/o sotterranea). Zampa Prigioniero vi chiede di non seguire la sua traccia e di riprendere il vostro cammino verso la città. Zampa Prigioniero e la sua tribù sono sul sentiero di guerra con la città.”

Bingo!

Linguaggio del bosco e indianismo, elementi che lo scautismo di B.-P. ha mutuato direttamente dai Woodcraft di Ernest Thompson Seton (assieme a molte altre cose, come gli animali di Sq. i nomi totem e il sistema delle specialità) e che sono presentissimi nel romanzo “Lupo Errante” oltre che nel modo di vivere lo scautismo da parte di Uccellini.

Ma torniamo al romanzo a puntate: dobbiamo ancora incontra Kelly, forse. Lupo Errante e il suo riparto desistono dall’inseguimento, finiscono il campo e la normale vita prosegue.

Il protagonista ci racconta di altro, incontri strani, un lutto in famiglia (poi si scoprirà che tutto è collegato), e poi finalmente con un manipolo di anziani del riparto, Lupo Errante va in uscita. Si fermano presso degli antichi ruderi, poi scherzando uno cade in un buco, gli altri gli vanno dietro e in men che non si dica, si trovano tutti imprigionati nel buio in un labirinto di gallerie e torrenti sotterranei. La faccenda si fa grave, girano per giorni nell’oscurità tentando invano di uscire, e quando la morte ormai sembra affilare la sua falce, un raggio di luce, Lupo Errante trova un’uscita e riemerge nel bel mezzo di un campo scout, nascosto tra i ruderi di un antico castello: è la tribù di Zampa Prigioniera. Ormai lo avrete capito: Zampa Prigioniera altri non è che Giovanni Kelly, affascinante capo di questo strano riparto fantasma. Nel capitolo VII finalmente Giovanni Kelly racconta a Lupo Errante, e a noi, la sua storia: ma solo a noi e a Lupo Errante, perché prima si occupa di salvare e rispedire a casa gli altri ragazzi. Perché tanto mistero? Perché il riparto di Giovanni Kelly è un riparto clandestino, che si nasconde alle autorità. Bingo!

“Trovai fra l’altro: il Libro della Giungla di Rudyard Kipling, e lo Scouting for Boys di Baden Powell, letteratura incendiaria per il mio spirito […] Lessi e rilessi, al punto di conoscerle ben presto quasi a memoria, le mie opere preferite. Mi entusiasmai […] Tutto quello, era la vita; era lo spazio, l’aria, la libertà. Era soprattutto un appello ad una vita morale migliore; più ancora, una filosofia adeguata e un miglioramento morale messi alla mia portata, adattabili e praticabili […] Ho avuto, fin dalla mia più lontana infanzia, un bisogno tirannico di spazio e di vita all’aperto.”

Il Kelly del romanzo è giunto alla clandestinità dopo aver scoperto la luce dello scautismo dal buio di un istituto di correzione, il nostro Kelly ha diversa storia, ma lo scautismo clandestino contro il volere delle autorità che lo impediscono è lo stesso, come è la stessa la sconfinata passione e conoscenza dei testi di B.-P.

“Da quel giorno nacque fra noi un attaccamento migliore, stavo per dire un sentimento di fratellanza, che dovette, per poter vivere, farsi nascosto, come una frammassoneria. […] Non ho mai compreso il perché: noi non facevamo del male a nessuno, al contrario ci impedivano scambievolmente di farlo. Organizzai definitivamente la mia tribù. Gradatamente si scoprirono attività, possibilità nuove. Avevamo accettato una disciplina e una legge. Sentivamo che l’unione, la fraternità facevano di noi una forza. Usammo e abusammo della nostra forza. Facemmo insieme i peggiori tiri birboni, ma praticavamo religiosamente la nostra legge, legge incompleta da cui avevamo tolto senza scrupolo ogni dovere verso l’autorità, ma che non ammetteva fra noi alcuna slealtà.”

Sarà anche un po’ di suggestione, ma in certi momenti sembra difficile capire quale Kelly stia parlando, se Zampa Prigioniera o Tigre.
Il romanzo poi prosegue, parlando di guerra e spionaggio, parla ovviamente della prima guerra mondiale, ma sembra contenere un valore in parte profetico per alcune avventure che le Aquile affronteranno con la guerra e con Oscar, ma qui siamo nella zona della fonte affascinante più che attendibile.

Brutta fine (dei cattivi)

Voglio concludere con l’ultima notevole somiglianza tra le storie dei due Kelly: nel romanzo, alla fine il protagonista dopo mille peripezie, di nuovo attraversa il labirinto di grotte e rincontra Kelly e il suo riparto. Questa volta Lupo Errante ha un cattivissimo prigioniero che lo inseguiva e ha cercato di ucciderlo. Ci sarà una specie di sofferta Corte Marziale per decidere che farne, perché il segreto del riparto fantasma sembra incompatibile col risparmiare la vita al cattivo. Il verdetto e poi una inquietante scena in cui gli esploratori allestiscono una gogna (probabilmente con legature e PH). Il condannato (che J. R. Defosse cerca in tutti i modi di descrivere davvero cattivissimo) fa il furbo e approfittando della pietà di Kelly e Lupo Errante tenta la fuga e inseguito dagli scout precipita in un precipizio e muore, esattamente come muore lo zingaro cattivo del cortometraggio che il nostro Kelly e i suoi esploratori girarono nel 1939.

Coincidenza? Possibile ma ve l’ho detto: le nostre fonti non sono sempre attendibili, ma di certo sono quasi sempre affascinanti.