LE OTTO MONTAGNE
da Paolo Cognetti
drammaturgia Francesca Sangalli
regia Marta Maria Marangoni
con Alex Cendron, Giuliano Comin
performer Alice Bossi
voce fuori campo Arianna Scommegna
musiche Fabio Wolf
installazioni e azioni sonore Dario Buccino
consulenza drammaturgica Diego Vincenti
consulenza scenografica Marco Teatro
assistente alla regia Ida Treggiari
organizzazione e comunicazione Dianora Zacchè
produzione Minima Theatralia
LE OTTO MONTAGNE
“Le otto montagne racconta la storia di Pietro, un ragazzino di città solitario e un po’ scontroso, del suo rapporto con i genitori, con il suo amico Bruno e, soprattutto, con la montagna. La montagna, nella sua scarna bellezza, dura e selvaggia, segna l’anima per sempre, lascia l’impronta in chi vi è nato e in chi l’ha amata. Diventa una categoria dello spirito e, anche quando la si lascia in cerca di un altrove più conveniente, non ci si può mai staccare veramente da essa. Basta un suono, un profumo, e si è risucchiati. È questo che capita ai personaggi del romanzo, che non riescono a farne a meno, e vanno e ritornano, senza mai lasciarla veramente. È una storia di padri e figli, di abbandono della civiltà, di libertà della vita selvatica. Ho sempre avuto il ricordo di una grande felicità vissuta da bambino tra i boschi.”
Paolo Cognetti
Lo spettacolo si dipana come una memoria, in una sospensione del tempo popolata da fantasmi, voci del passato e da reminiscenze letterarie che riecheggiano nella montagna. La narrazione è discontinua e distorta dal ricordo e poggia le sue basi sulla costruzione della Barma Drola, nodo centrale del romanzo, metafora della ricostruzione di un’amicizia e di una fratellanza, guardando verso un futuro inarrestabile, come lo è il destino di ciascuno di noi.
NOTE DI REGIA
Un uomo che racconta. Un altro uomo seduto di spalle, immobile come una montagna a cui tornare per ritrovarsi, dopo lo smarrimento del viaggio nel mondo. Intorno a queste due figure si muove una performer. Irrompe un rumore metallico: in scena la Lamiera HN®, installazione sonora del compositore Dario Buccino, rievoca lo scrosciare dell’acqua, poi si fa ghiaccio, poi tuono e tempesta. Oltre ad imbastire la linea sonora, questo elemento scenografico riprende e trasforma le descrizioni degli ambienti, ricreando simbolicamente la finestra dalla quale aprire l’azione drammatica a ricordi e riflessioni, prestandosi al gioco del gesto. La parola narrata si intreccia musicalmente al rimbombo dell’acciaio, poi si fa suono confluendo nelle parole dell’eco della montagna, modulate dalla vocalità poliedrica di Arianna Scommegna in un fluire continuo. La colonna sonora originale interpreta il paesaggio nella sua accezione sonora, visiva e poetica: una miscellanea di musica, voci e, composte da Fabio Wolf e Dario Buccino. La luce ha un impatto importante nella scenografia, dato che è anch’essa molto presente nella tessitura del romanzo. Acqua, ghiaccio e sassi sono rappresentati in scena da fonti luminose modellabili, attraverso l’utilizzo di LED uniti a materia pura, vera, metallica e legnosa. Lo spettatore si troverà davanti ad un allestimento che fa tesoro delle esperienze legate all’installazione, evocando piani simbolici e procedendo per astrazioni. La scenografia prevede l’utilizzo di macchine teatrali tradizionali, legate a un mondo pre-tecnologico (la lastra del tuono, il proiettore di diapositive) è in connessione tematica con il romanzo. Un mondo che si presume avanzato e ipertecnologico, quello da cui proviene Pietro, il protagonista, si scontra con la civiltà di montagna dove il ritmo è ancora scandito dal rigore delle stagioni, dove il lavoro è legato a una pratica che fa uso di mezzi obsoleti ma capaci di armonizzarsi con il contesto.
Marta Marangoni
L’ADATTAMENTO DRAMMATURGICO
Lo spettacolo, oltre a contenere la vicenda narrativa, si sviluppa partendo dal nucleo poetico della scrittura di Cognetti che si intreccia, come in una sinfonia, con la letteratura citata sotterraneamente nel romanzo (Scott Fitzgerald, Henry David Thoreau, Mark Twain, Murray Bookchin, Primo Levi, Annie Proulx, Ernest Hemingway, Natalia Ginzburg, Robert Louis Stevenson e molti altri). I due punti cardine della rappresentazione sono l’evocazione sonora della montagna, presente nelle descrizioni dei “paesaggi emozionali” (rappresentativi del vissuto interiore dei personaggi) e la costruzione del rifugio, chiamato barma drola ovvero “la roccia strana”, situazione centrale del romanzo, che diviene la struttura base del testo teatrale, aprendo la narrazione a scorci sul passato e sul futuro, ai pensieri e ai moti dell’animo. Il linguaggio della narrazione si adatta al parlato del personaggio di Pietro restando in bilico tra letteratura e drammaturgia: prende la forma di una memoria alle volte frammentaria, una prosa “sporcata” dall’indugiare del sentimento, che si incontra con la presenza laconica di Bruno, l’uomo di montagna. Il contesto della montagna è anche evocato in senso lato: un terreno simbolico capace di far affiorare sentimenti e rapporti umani, così come nelle intenzioni di Paolo Cognetti. “[Il paesaggio] dice come quella persona si sente in quel momento. […] Invece di raccontare come stanno loro, racconterò com’è il bosco, il cielo, la montagna quel giorno, e da lì si capirà come stanno. Ecco perché il paesaggio è così presente.” Molti sono i temi del romanzo che il contesto drammaturgico vuol far affiorare: coscienza, crescita, maturità, scelte di vita, fuga dal superfluo. L’intento è quello di mettere in luce gli atti simbolici dei protagonisti della storia, distillarne una sorta di mandala, rappresentazione simbolica del cosmo buddista e induista, connessione tra centro e periferia. Un lungo viaggio di formazione che vede intrecciarsi l’amicizia e la morte. La parte più coinvolgente del romanzo ci ricorda dell’amore che un padre può non essere capace di esprimere in vita. E di questo si animerà il palco: un sogno infranto, un uomo solo, il freddo, la fatica. La sfida di uscire e tornare di nuovo al corpo, cercare la via della trascendenza lontano dagli orpelli con cui riempiamo i nostri silenzi.” La vicinanza con Cognetti nasce dal fatto di essere coetanei ed aver condiviso in parte un vissuto politico ed esistenziale molto simile. I suoi pensieri e i suoi interrogativi sono anche i nostri, cercheremo di capire dove ci conducono i passi e le trame della vita, come ci formano, quali scelte ci fanno prendere, quali orizzonti imprevedibili ci conducono a scoprire, su quali orme ci spingono per farci infine superare i nostri genitori. Come, ancora, la loro memoria venga poi improvvisamente a riportarci indietro, giù, nel profondo, alle origini, alle viscere, nei modi più inaspettati.
Francesca Sangalli
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