NON SI SA COME
di Luigi Pirandello
regia Pasquale Marrazzo
assistente alla regia Marilisa Cometti
con Claudia Negrin, Valeria Perdonò, Emiliano Brioschi, Michele Radice, Alex Cendron
costumi Lucia Lapolla
scenografia Diamante Faraldo e Makio Manzoni
in collaborazione con N.O.I. Film s.a.s.
lighting designer Luca Sabbioni
produzione Teatro Litta
NON SI SA COME
Una storia di infedeltà, che irrompe nella vita coniugale di due rispettabili coppie e nell’amicizia che reciprocamente le lega, è al centro della pièce pirandelliana con cui Pasquale Marrazzo debutta nella regia teatrale. Scissione dell’io, istinti e raziocinio, colpa e espiazione sono i temi che il dramma sviluppa, attraverso il dialogo (che è quasi una sofferta analisi di gruppo) fra i personaggi.
Quante volte ci si è rimproverati di un atto istintivo, di cui percepivamo le conseguenze e che nonostante ciò abbiamo compiuto? Perché l’abbiamo fatto? Chi o cosa ci ha spinto a farlo? Ci sono dunque due io dentro di noi e uno é nemico dell’altro? Siamo responsabili di ciò che facciamo, anche quando, irrimediabilmente scissi, ci pare di non controllare completamente le nostre azioni? Questi gli interrogativi attorno ai quali il dramma si sviluppa. Interrogativi ai quali il singolare epilogo dà un’emblematica risposta.
IL DRAMMA
Scritta da Luigi Pirandello nel 1934, la pièce è ispirata alle novelle Nel gorgo (1913), Cinci (1932) e La realtà del sogno (1914). Il conte Romeo Daddi, uomo serio e rispettabile, è molto innamorato e riamato della moglie Bice ed è buon amico di Giorgio Vanzi. Nonostante ciò gli accade di tradire l’amicizia e la moglie con Ginevra, amica di famiglia e moglie di Vanzi. Il suo non è stato innamoramento, ma un atto istintivo che, non si sa come, l’ha portato a fare quello che ha fatto. E’ la corte serrata del Marchese Respi, di cui è oggetto Bice, a scatenare in Romeo il senso di colpa per ciò che è avvenuto con Ginevra. Insostenibile fino alla follia diventa per lui non solo il tradimento inferto alla moglie e all’amico Vanzi, ma anche l’improvvisa e lucida constatazione che degli stessi istinti avrebbe potuto cadere preda anche la propria consorte nei confronti di Respi.
Dopo un doloroso chiarimento a quattro, Romeo Daddi ricorda un altro delitto, compiuto in giovane età. Durante una lite per “futili motivi” aveva colpito un ragazzo con una pietra, uccidendolo. Eppure lui non si era sentito colpevole, perché tutto era avvenuto come in un incubo, una sorta di delirio, e lui se ne era tornato tranquillamente a casa, quasi che l’omicida fosse “un altro sé stesso”.
Ma occorre assumersi le proprie responsabilità, anche per le azioni di quell’io che talora ci sovrasta e ci trascina. E bisogna cercare la punizione, anche se non ci si sente colpevoli. Perciò il conte Romeo farà in modo che sia proprio il suo amico Giorgio a punirlo, uccidendolo, anche lui senza volerlo, non si sa come.

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