VANGELO SECONDO LORENZO

VANGELO SECONDO LORENZO

di Leo Muscato e Laura Perini
regia Leo Muscato
con Alex Cendron nella parte di Lorenzo Milani
con (in ordine alfabetico) Alessandro Baldinotti, Giuliana Colzi, Andrea Costagli, Nicola Di Chio, Silvia Frasson, Dimitri Frosali, Fabio Mascagni, Massimo Salvianti, Lucia Socci, Beniamino Zannoni
e con (nel ruolo degli allievi della scuola di Barbiana)
cast 1 Giovanni Carrara, Pietro Carrara, Corrado Casalini, Duccio Casalini, Giulio Elefante, Mattia Mazzoni, Ilaria Pascal, Greta Sabatino
cast 2 Sebastiano Daffra, Olivia Fantozzi, Lio Ghezzi, Sebastian Mattia Knox, Andrea Pillitteri, Emily Tabacco, Samuel Zinicola
scenografia Federico Biancalani
costumi Margherita Baldoni
disegno luci Alessandro Verazzi
assistente alla regia Alessandra De Angelis
foto Ilaria Costanzo
coproduzione Elsinor Centro di Produzione Teatrale, Arca Azzurra Teatro, Teatro Metastasio di Prato
per Fondazione Istituto Dramma Popolare di San Miniato

VANGELO SECONDO LORENZO

“In ultima analisi, saremo giudicati
per l’amore che avremo messo nelle cose.”
Lorenzo Milani

Debuttato in luglio 2017 alla Festa del Teatro di San Miniato promossa dall’Istituto del Dramma Popolare, Vangelo secondo Lorenzo nasce in occasione del cinquantenario dalla morte di Don Lorenzo Milani ed è frutto di una coproduzione fra Elsinor, Teatro Metastasio di Prato e Arca Azzurra.
Dopo l’avventura, e il successo, de Il nome della rosa da Eco, Leo Muscato firma un allestimento dedicato al prete scomodo, al prete dei poveri, che nell’Italia ingessata e classista del secondo dopoguerra provò – violentemente osteggiato – a riscattare dall’analfabetismo i figli di contadini e operai.Lo spettacolo, scritto con Laura Perini e nato nel 2017 nel cinquantennale della morte del parroco di Barbiana, condensa in due atti un materiale sconfinato, fatto di lettere, testimonianze, libri, racconti. Nessuna lettura agiografica ma il ritratto di un uomo controverso: sacerdote militante, obiettore di coscienza, educatore appassionato inviso alle gerarchie della Chiesa. Un uomo di fede controcorrente, un utopista, un rivoluzionario, un disobbediente, un novello San Francesco. Tanto è stato detto e scritto su Don Milani, tra condanna e riabilitazione postuma. Il progetto ha un respiro dichiaratamente pop e l’obiettivo di portare al più ampio pubblico «un padre semisconosciuto e per tanto tempo osteggiato della nostra cultura». Alex Cendron, interprete anche di cinema e tv, è protagonista accanto ai giovanissimi debuttanti nel ruolo degli scolari di Barbiana. «Conoscere i ragazzi dei poveri e amare la politica è tutt’uno. Non si può amare creature segnate da leggi ingiuste e non volere leggi migliori. Non c’è nulla che sia ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali», scriveva Don Lorenzo Milani nel suo testo più famoso, Lettera a una professoressa, del 1967.
Il testo originale, inizialmente strutturato in quattro atti (Vita da laico, da Seminarista, da Cappellano e da Priore) viene qui proposto nella versione ridotta agli atti Vita da Cappellano e Vita da Priore. Si tratta delle due stagioni della sua breve vita segnate dai confini territoriali ove iniziò, proseguì e concluse il suo apostolato sacerdotale: Calenzano prima e Barbiana poi.
La vicenda ripercorre le fondamentali tappe di snodo dell’avventura umana, sociale e spirituale di don Lorenzo e di quanti gli furono accanto. A fronte della cinquantina di personaggi che popolano il testo, la struttura dello spettacolo vede la partecipazione di un attore, in ruolo fisso, a interpretare Lorenzo Milani (Alex Cendron) e di dieci attori a interpretare tutti gli altri personaggi. Allo spettacolo prendono parte anche sette bambini, che interpretano i giovani allievi di Barbiana.

CONTESTO STORICO
Siamo nell’immediato dopoguerra e c’è un paese da ricostruire. Le politiche industriali Italiane sono ancora fortemente sperequative e giocano sulla linea d’ombra di connivenze d’interessi tra DC e industriali. Quei soprusi sono difficili da fronteggiare in assenza di un’azione organizzata e di un quadro normativo a tutela del lavoratore. Inoltre, nell’arena internazionale, la guerra fredda polarizza in chiave fortemente ideologica il conflitto capitale-lavoro. E se la Santa Sede e le gerarchie cattoliche scendono in campo con misure drastiche (come per esempio la scomunica papale dei comunisti), il basso clero e il mondo cattolico più sensibile ai temi della giustizia sociale, provano a destreggiarsi, agendo nel vivo d’una conflittualità sociale che spacca in due le comunità territoriali.

ATTO I 
- VITA DA CAPPELLANO (1947-1954)
Appena ordinato Sacerdote, a causa dei disordini procurati in Seminario, Lorenzo Milani crea imbarazzo alla Curia nella scelta della sede d’assegnazione al suo primo servizio pastorale. L’elemento è difficile da collocare, non gode di una buona nomea: troppo critico, troppo inflessibile, troppo radicale. Verrà destinato alla popolosa parrocchia di San Donato di Calenzano, in qualità di cappellano.
Calenzano è un distretto tessile alle porte di Firenze che ribolle di tensioni sociali, latenti o manifeste. Lorenzo Milani toccherà con mano i problemi di sfruttamento del lavoro minorile e della manodopera sotto-salariata e sfruttata; cercherà di fornire alla povera gente gli strumenti necessari per difendersi dai soprusi subiti in fabbrica.
In parrocchia don Lorenzo avvierà una Scuola Popolare per giovani operai e contadini, convinto che non si possa portar la parola di Cristo a chi non sa neanche leggere e scrivere. «Pretendere di evangelizzare degli ignoranti», dice, «è commettere reato di plagio della credulità popolare». La scuola è aperta a tutti: parrocchiani e comunisti, atei e credenti, nessuno escluso. L’idea è fornire loro, prima d’ogni altra cosa, l’istruzione civile e la coscienza dei propri diritti.
Don Lorenzo, da sacerdote, attraverserà le calde competizioni elettorali del ’51 e del ’53, mal tollerando le ingerenze della Curia di Firenze che fa pervenire alle parrocchie le indicazioni di voto recepite dalla Santa Sede; si tratta di “consigli elettorali” che i sacerdoti devono dispensare ai fedeli dal pulpito; ma don Lorenzo è uno che ragiona con la sua testa, e rifiuterà decisamente il ruolo di pedina eterodiretta in una partita giocata da altri.
Verrà rimosso da Calenzano e l’evento segnerà profondamente la sua vita.
Inutili saranno i tentativi dei parrocchiani e del popolo di Calenzano di fronteggiare e ostacolare le disposizioni della Curia fiorentina. Il giovane sacerdote pagherà con l’esilio a Barbiana quel suo adoperarsi a vivere con coerenza i principi di un evangelismo radicale.

ATTO II
 – VITA DA PRIORE (1954-1967)
L’arrivo a Barbiana, piccolo gruppetto di case sparse sul Monte Giovi, sarà vissuto da Lorenzo come un prepotente gesto ritorsivo, ma anche come una prova cui Dio lo sottopone nel disegno misterioso che ha in serbo per lui.
Alle pendici di quel monte semiabbandonato, Lorenzo prosegue l’opera di educazione del suo popolo che ha avviato a Calenzano. Qui non ci sono operai di fabbrica, ci sono i contadini. E i loro figlioli che lavorano nei campi e nelle porcilaie, sono una forza lavoro necessaria al sostentamento familiare.
Il giovane prete convince i genitori che di quei piccoli montanari semianalfabeti se ne può fare altro. Avvia la Scuola di Barbiana, uno dei più interessanti laboratori pedagogici del dopoguerra.
Barbiana produce anche politica, nel senso più nobile del termine. I ragazzi partecipano ai grandi dibattiti che animano e dividono il paese. La Lettera ai cappellani militari sull’obiezione di coscienza, elaborato che don Lorenzo condivide con loro, nasce così, e produce l’effetto d’un sasso lanciato in un lago d’acqua stagnante. Lo scritto colpisce al cuore le tante contraddizioni in seno alla Chiesa, puntando il dito contro i cappellani militari che hanno stigmatizzato di codardia i primi obiettori di coscienza.
Sul terreno della laicità e dei diritti civili, quel pamphlet fa schizzare in alto il livello del dibattito su pacifismo e libertà individuali. Lorenzo Milani finisce sotto processo con l’accusa di apologia di reato.
È in quest’occasione che il resto d’Italia si accorge di dell’esistenza di Barbiana. Intellettuali e accademici di chiara fama salgono sin lassù per andare a curiosare. Don Lorenzo accoglie tutti, ma chiede loro di pagare un “tributo culturale”, mettendosi realmente al servizio d’una comunità di contadini dimenticati sulla cima d’un monte.
A Barbiana, don Lorenzo pubblicherà, Esperienze pastorali, l’inchiesta sull’apostolato tra le classi povere già avviato a Calenzano. Nelle intenzioni, il libro è indirizzato al clero che deve interrogarsi profondamente, se vuole che la sua missione evangelica tra i poveri lasci anche un vigoroso segno sociale. Ma il libro diventa un caso editoriale: suscitano gli entusiasmi della stampa di sinistra, e la deplorazione di certa parte della gerarchia vaticana.
Con decreto della Santa Sede, Esperienze pastorali viene ritirato dal commercio. Poco dopo Lorenzo si ammala del linfogranuloma che lo porterà alla morte.
Gli ultimi anni di attività della scuola di Barbiana producono un’altra grande opera: Lettera a una Professoressa. Ora sono gli studenti stessi in prima persona, con la tecnica della scrittura collettiva, a lanciare un accorato grido d’allarme, di marca classista, contro quella scuola pubblica di stampo borghese, che pubblica non è affatto, se respinge gli ultimi, per privilegiare i figli mollicci e viziati della piccola e media borghesia.
In una corsa straziante contro il tempo e la morte, Lorenzo, ormai malatissimo, farà di tutto, perché il libro-testimonianza dei suoi ragazzi sia accolto e valorizzato come si deve.
Morirà a Firenze, a casa dell’amata madre, circondato dall’affetto dei suoi ragazzi.
Con ultimo atto d’amore, fornirà loro testimonianza del mistero della morte d’un uomo, offrendo il suo corpo e i suoi ultimi pensieri ai loro sguardi attoniti, come fosse, egli stesso, un libro aperto.